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Padri anziani? Figli a rischio

LUNEDÌ 28 FEBBRAIO 2011  SCRITTO DA SEBASTIANA PAPPALARDO
Negli ultimi anni, il lavoro richiede una sempre maggiore istruzione e formazione professionale. Ciò ha contribuito alla tendenza sia per gli
uomini che per le donne ad avere figli in età più avanzata rispetto al passato.
Negli Stati Uniti i Centers for Disease Control presentano regolarmente rapporti sulle tendenze dei tassi di natalità. Questi analizzano una serie di parametri, tra cui l’età materna. I dati femminili forniscono informazioni sulle tendenze riproduttiva per coppie negli Stati Uniti. Negli ultimi anni, i tassi di natalità per le donne tra i 30 e 40 anni hanno continuato ad aumentare. Ne consegue che anche l’età paterna è in aumento, e la gamma di possibili effetti che l’avanzare dell’età paterna può avere sui figli è fonte di crescente attenzione nella letteratura medica. E’ stato a lungo ipotizzato che la prole di padri anziani possa essere più sensibile ad una vasta gamma di problemi come l’aumento di aborto spontaneo e disturbi quali l’acondroplasia, la schizofrenia e l’autismo per citarne alcuni. Il grado esatto in cui l’età paterna avanzata produce un aumentato rischio per questa
gamma di disturbi varia e non è ancora ben definito.
In America si è iniziato ad includere, nella consulenza genetica per le coppie che vogliono un figlio in età avanzata, la valutazione di eventuali problemi genetici trasmissibili da padri con un’età superiore ai 40 anni.
Alcuni dati recenti pubblicati dal dottor J.Sandlow e dal dr. Bhandari del Dipartimento di Urologia della Northwestern University di Chicago e il Dipartimento di Urologia del M edical College del Wisconsin hanno messo in evidenza che sono sempre più prevalenti, nella prole di padri con età superiore ai 40 anni, difetti cromosomici e genetici,oltreché un aumento delle frammentazioni del DNA e dei processi di apoptosi degli spermatozoi. Lo studio afferma inoltre che le patologie più frequenti sono l‘acondroplasia, la neoplasia endocrina multipla e sindrome di Pfeiffer. In base ai dati raccolti, il Sandlow ha affermato inoltre che non vi sono prove di un aumento nei figli di padri più anziani delle anomalie cromosomiche, tranne per due eccezioni: la sindrome di Klinefelter e la trisomia 21. Questo si spiegherebbe con il fatto che i padri anziani hanno un maggior numero di spermatozoi difettosi e che quindi questi difetti possono essere trasmessi ai propri figli, come anche spiegato dall’American Society for Reproductive Medicine.
Questi nuovi dati hanno spinto la comunità scientifica ad una revisione del limite massimo di età per i donatori di sperma, che dovrebbe essere sotto i 40 anni. Infatti anche nel Regno Unito le linee guida per i controlli medici e di laboratorio di sperma, uova, e donatori di embrioni, pongono il limite massimo di età di potenziali donatori di sperma entro i 40 anni. Tuttavia non ci sono linee guida specifiche in materia di consulenza e di screening per le coppie in cui il futuro padre “anziano”.
Ulteriori studi potrebbero fornire maggiori informazioni a questo problema e permettere di offrire un consiglio più efficace alle coppie che giungono alla ricerca di un figlio in tarda età.

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