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Origini evolutive della salute e della malattia. Il ruolo della placenta nella programmazione fetale

La programmazione fetale è una delle aree in rapida espansione della ricerca biomedica. L’ambiente esterno e l’alimentazione materna si ripercuotono sull’ambiente uterino e sul feto inducendo modifiche epigenetiche che interferiscono con la programmazione fetale – Programming , deputata alla regolazione neuroendocrina metabolica del futuro individuo
malnutrizione materna per cause sociali o stile di vita,
metalli pesanti e inquinanti ambientali come sostanze industriali, piombo, metil-mercurio, arsenico e tanti altri sono causa riconosciuta di gravi danni e ritardo di sviluppo del sistema nervoso centrale; dosi piccolissime nel periodo embrio-fetale possono provocare danni irreversibili al cervello
interferenti endocrini (molecole mimetiche) come bisfenolo A, ftalati, diossine, policlorobifenili, idrocarburi poliaromatici, fitoestrogeni agiscono sui recettori endocrini e sui meccanismi fini dell’espressione genica; il loro effetto è sistemico e distruttivo per organi, tessuti, apparati provocano danni a carico del sistema endocrino provocano trasmissioni transgenerazionali di alterazioni epigenetiche.

Le Alterazioni epigenetiche sono cambiamenti che influenzano il modo in cui i geni sono espressi , senza cambiamenti nella struttura del DNA, ma non il DNA stesso, possono essere alla base di molte condizioni croniche patologie.

I ricercatori stanno valutando le “origini evolutive della salute e della malattia in relazione alla struttura, alla funzione e all’epigenoma di un organo spesso trascurato ma essenziale come la placenta.
Uno studio epidemiologico condotto a fine novecento dal Prof Barker sugli individui nati nel periodo della carestia olandese (seconda guerra mondiale), e sofferenti da adulti di varie patologie come obesità, diabete e malattie cardiache, fece supporre che la causa fosse un’alterata embriogenesi dei tessuti ed organi deputati al controllo endocrino metabolico fosse imputabile alle alterazioni dell’ambiente subito dai genitori e che gli stress ambientali incontrati nell’utero, ripercuotendosi sul microambiente uterino e sul feto indurrebbero modifiche , definite poi epigenetiche, adattative su cellule preposte al controllo metabolico, determinando il rischio di malattia in età adulta. L’ipotesi di Barker ha portato oggi alla teoria della programmazione fetale – programming epigenetico. In seguito, con lo studio dell’epigenetica sono emerse sempre più prove a supporto del coinvolgimento della esposizione ambientale in utero nel porre le basi per la predisposizione a tali patologie.

Sino a pochi anni fa si pensava che la placenta fosse una barriera impenetrabile e nessuno sospettava che invece potesse influenzare la salute permanente del bambino oltre il periodo prenatale. Oggi si sa che la placenta è coinvolta nelle interazioni fetali con il sistema immunitario materno e con l’ esposizione materna a varie sostanze , come ad esempio piombo, mercurio, policlorobifenili (PCB) , nicotina , permettendo il passaggio di tali sostanze ai tessuti in via di sviluppo e divenendo così il regolatore principale dell’ambiente fetale.
Nell’ultimo decennio, il modello fetale statico ha iniziato a cambiare ed i progressi tecnologici hanno permesso ai ricercatori di osservare meglio la struttura della placenta e il profilo molecolare. la placenta subisce una serie di cambiamenti durante la gravidanza. Nei suoi primi giorni, sembra che funzioni in modo molto diverso dall’organo visto alla nascita. Uno dei ruoli più consolidati della placenta , come condotto di nutrizione fetale ,non inizia fino a diverse settimane dall’instaurarsi della gravidanza. Durante le prime settimane, l’embrione in via di sviluppo riceve nutrimento dalle ghiandole che rivestono l’utero mentre le cellule placentari si impiantano nella parete uterina e creano una solida struttura per l’interfaccia materno-fetale. Durante questo primo periodo di sviluppo, quando gli organi principali si differenziano, l’embrione ha un accesso molto limitato alla circolazione della madre. Solo a circa 10 settimane dopo il concepimento le cellule placentari si connettono al flusso sanguigno materno. A quel punto, le cellule placentari, immerse nel sangue materno, iniziano a trasferire ossigeno, nutrienti e altre molecole al feto. Questa connessione appena formata consente anche il passaggio di sostanze chimiche ambientali dal sangue materno al feto.
Agli inizi del 2000 il pediatra Gluckman espone la teoria che il rischio di sviluppare malattie da adulto è determinato dall’ interazione tra fattori intergenerazionali, genetici, ambientali, sia prenatali che postnatali, portando al concetto che durante lo sviluppo embrio-fetale l’ambiente imposto dalla madre o da lei subito è in grado di modificare l’espressione del genoma con effetti a lungo termine nella vita postnatale , ma con quale meccanismo? Con l’epigenetica ,infatti è sempre più evidente che la plasticità dello sviluppo è mediata da meccanismi epigenetici.
il fenotipo è determinato non dal genotipo in se, quanto dalla sovrapposizione ad esso di “un’impronta” che ne influenza il comportamento funzionale.
Il segnale epigenetico è un qualsiasi cambiamento in grado di alterare l’attività di un gene ma non la sequenza nucleotidica.
L’influenza dell’ambiente, della nutrizione, altri fattori esterni all’individuo modulano i livelli e la natura dei segnali epigenetici riuscendo a sovvertire la predisposizione geneticamente determinata e sono considerati regolatori dell’espressione genica , questo avviene con una serie di meccanismi , ma il più frequente è quello della metilazione diretta del DNA. Nella metilazione, piccole molecole note come “gruppi metilici” si attaccano ai geni in un modello specifico. La metilazione può attivare o disattivare i geni direttamente a livello del DNA e influire sul fatto che il DNA possa trascrivere l’RNA messaggero (mRNA). Una volta trascritto, l’mRNA può essere “silenziato” dal microRNA (miRNA), piccoli filamenti non codificanti di RNA che aiutano a regolare l’espressione genica.

L’alimentazione e lo stile di vita materno durante la gravidanza assumono quindi un ruolo centrale perché sono in grado di alterare lo sviluppo del feto ponendo le basi alla manifestazione nel lungo termine di patologie nell’età adulta

Tratto da Environ Health Perspect 124(3) 2016
Lasting Impact of an Ephemeral Organ: The. Il Role of the Placenta in Fetal Programming

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